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Il contratto CO CO PRO è nato dalla Legge Biaggi come sostituzione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa. In realtà il co.co.pro. è stato introdotto proprio per limitare le collaborazioni coordinate e continuative, forme contrattuali che nascondevano dei rapporti di lavoro subordinato in cui il dipendente risultava essere un costo ridotto per il datore di lavoro rispetto al lavoratore dipendente.

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I contratti di lavoro a progetto devono avere la forma scritta (al contrario delle co.co.co.) e devono definire:

  • il contenuto del progetto o programma di lavoro (o delle fasi di esso);
  • il corrispettivo (e i criteri per determinarlo);
  • i tempi e le modalità del pagamento;
  • la disciplina dei rimborsi spese;
  • le modalità del coordinamento con il committente relative all’esecuzione, anche temporale della prestazione lavorativa;
  • le eventuali misure per la tutela e la sicurezza del collaboratore a progetto.

Espandi la tua comprensione riguardo alle modalità contrattuali ed approfondisci i seguenti argomenti:

Quanto durano questo tipo di accordi lavorativi?

Possono essere rescissi dal datore di lavoro prima della scadenza per due motivi: per giusta causa e per eventuali causali, che il datore può richiedere di inserire nei contratti a progetto. Inoltre, in caso di malattia o infortunio del collaboratore, il datore di lavoro può interrompere il contratti a progetto anche prima della sua scadenza. Se pensi di allora leggi i nostri approfondimenti su come scrivere un curriculum vitae e su come presentare la lettera di dimissioni.

Co.co.co: scopriamo di cosa si tratta

I collaboratori coordinati e continuativi, abbreviati in co.co.co sono, invece, una categoria di lavoratori che sta a metà tra il lavoro svolto in autonomia e il lavoro dipendente.
Probabilmente vi starete chiedendo come sia possibile e la realtà è che nonostante questi lavoratori abbiano piena autonomia nello svolgimento dell’attività lavorativa, vengono spesso contattati da numerose aziende come fossero dei dipendenti qualsiasi, senza però le tutele di un vero e proprio contratto.
Dal 2003, però, non si parla più di co.co.co ma questi sono confluiti nel nuovo co.co.pro di cui abbiamo già discusso, proprio perché considerati una forma di lavoro atipica e quindi difficile da gestire dal punto di vista legislativo.
L’INPS ha quindi fissato dei requisiti che sono:

  • L’autonomia: il lavoratore in questione deve decidere in maniera autonoma i tempi e le modalità necessari per svolgere l’attività che gli è stata commissionata, tenendo conto dei mezzi a disposizione;
  • Coordinamento del proprio intervento in linea con le modalità di gestione dell’azienda da parte del committente;
  • Continuità nell’offrire la propria prestazione per tutta la durata del periodo prescelto;
  • La retribuzione deve essere scelta dal committente e stabilita periodicamente.

Prima di quest’anno vi era anche una sotto-tipologia di co.co.co che viene definita “mini co.co.co”, termine con cui si indica il lavoro coordinato e continuativo occasionale ed anche in questo caso è risultato necessario chiarire il tipo di collaborazioni che ne fanno parte. SI tratta infatti di quelle collaborazioni a portata limitata e che possono essere applicate da uno stesso committente anche durante lo stesso anno, a patto però che la durata complessiva non risulti superiore ai 30 giorni ed il compenso non superi i 5.000 euro.

Come avrete ben capito si tratta di una forma di contratto estremamente simile al co.co.co, l’unica differenza riguarda i limiti temporali e retributivi. Il Jobs Act ha però abolito i mini co.co.co e quindi ad oggi non è più possibile trovare delle figure professionali con questo tipo di caratteristiche. I collaboratori coordinati e continuativi, co.co.co e co.co.pro. nel 2020 possono ricorrere alla nuova indennità di disoccupazione, ma per farlo devono essere stati licenziati per una giusta causa, non avere una pensione, non essere titolari di una partita IVA e altri requisiti di cui potrete trovare informazione negli uffici appositi prima di presentare domanda di disoccupazione. Come avrete capito il mondo del lavoro può essere complesso, ricco di sfumature e non sempre delineato e fatto di contratti e prestazioni.

Modifiche del contratto a progetto

firmare un contratto a progetto

Il contratto di collaborazione è stata una delle tipologie contrattuali più discusse ma anche più utilizzate dalle aziende negli ultimi anni. Gli interventi della riforma sono volti a favorire una restrizione dell'utilizzo di questa forma contrattuale, andando a rendere più rigide le discipline delle collaborazioni coordinate e continuative..

Per scoraggiare l'uso di questa pratica, il governo ha previsto una serie di disincentivi da attualizzare sia in sede normativa che per quanto riguarda i contributi ad essa afferenti. Innanzitutto, è prevista dal punto di vista normativo una ridefinizione del concetto di contratto a progetto, in maniera più stringente: il contratto a progetto non deve essere infatti una semplice riproposizione dell'oggetto sociale da parte dell'azienda o impresa committente; inoltre verrà abolito il concetto di programma, mentre sarà introdotto il concetto di presunzione relativa, per quanto riguarda la subordinazione della collaborazione in caso di una attività a progetta simile ad una già svolta in precedenza con una stessa azienda committente, da parte dello stesso lavoratore.

Per scoraggiare il recesso del committente prima della scadenza o del completamento del progetto, viene eliminata la possibilità di introdurre clausole di tipo di individuale. Un ultimo provvedimento in sede disciplinare sulla riforma del contratto a progetto, riguarda una chiarificazione della norma sul regime delle sanzioni, l’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 276/2003,

Modifiche sul regime contributivo del contratto a progetto

Per quanto riguarda l'ambito dei contributi, nella riforma del contratto a progetto in corso si va verso l'introduzione di una maggiorazione dell'aliquota contributiva attualmente a favore della gestione separata dell'INPS: questo per ottimizzare l'avvicinamento alle aliquote che sono attualmente in atto nel lavoro di tipo dipendente.

Contratto a progetto: cosa è cambiato con Renzi?

Le innovazioni introdotte nel Jobs Act avevano l'obiettivo di modificare le modalità dei contratti a progetto, in una riforma che mirava anche a mitigare l'effetto dell'articolo 18. Inizialmente, il governo aveva esteso la durata di questa tipologia di contratti a 36 mesi, rispetto al precedente limite di un anno, con la possibilità di prorogare il contratto otto volte all'interno di questo periodo. Il numero di persone che potevano essere assunte tramite il contratto a progetto non doveva superare il 20% del totale dei dipendenti: quindi, se un'azienda aveva dieci dipendenti, due lavoratori potevano essere integrati con questa forma di contrattualizzazione. Per le imprese con meno di cinque dipendenti, era possibile assumere un lavoratore con questo tipo di contratto.

Per quanto riguarda l'articolo 18, l'intento del governo era quello di stipulare un contratto unico a tutele crescenti, nel quale l'articolo 18 veniva abolito nei primi tre anni. Dopo questo periodo, il lavoratore tornava a beneficiare della legislazione riguardante il licenziamento e l'eventuale reintegro.

Leggi il nostro articolo su cos'è il Jobs Act per saperne di più.

Le critiche sul mercato del lavoro

I contratti a progetto hanno scatenato in questi anni molte polemiche e dibattiti: è veramente una soluzione utile oppure è solo un incentivo alla precarietà, con i giovani che non possono organizzarsi il futuro visto che non possono contare su un contratto indeterminato? E’ la flessibilità il futuro di questo Paese? Gli ultimi dati sulla disoccupazione sono abbastanza allarmanti visto che la quota ha superato il 12%, percentuale raddoppiata rispetto al 2007. Si stima che la maggior parte dei contratti stipulati avvenga proprio attraverso la forma a progetto che se da una parte aiuta gli occupati dall’altra ovviamente non gli permette di crearsi un futuro, soprattutto se tutto ciò avviene per un vantaggio del datore di lavoro di non contrattualizzare nessuno a tempo indeterminato.

C’è anche il nodo delle tasse che pesa come un macigno: le imposte (clicca qui per avere informazioni sulla ricerca del singolo codice tributo) sono molto alte e una defiscalizzazione in materia permetterebbe agli imprenditori di poter investire più risorse sull’assunzione di dipendenti, che a loro volta troverebbero un’occupazione stabile, con la conseguente rinascita del consumo e dell’economia visto che ci sarebbero più soldi all’interno del sistema. Diventa ovvio pensare quindi che il limite posto da Renzi sia stata una scelta dettata dall’abuso di questa forma di contrattualizzazione. Il dibattito in sede parlamentare è ancora tutto da sciogliere e bisognerà aspettare le prossime mosse dell’esecutivo per capire bene la portata e i benefici sulla comunità di questo prospetto di riforma del mercato del lavoro.

Definizione di collaboratore autonomo

Il lavoratore deve svolgere il suo operato in maniera autonoma e non dovrebbe essere sottoposto al potere direttivo del superiore.

E' legato ad un progetto ed al suo risultato. Il programma del progetto può anche includere solo un risultato parziale che, collegato ad altre attività aziendali, risulta necessario a raggiungere un risultato finale. L’attività definita dal CO CO PRO può anche essere collegata a un'attività secondaria dell’impresa.

Il contratto CO CO PRO ha degli elementi cardine che sono:

  • la mancanza di un rapporto di subordinazione;
  • l’indipendenza (almeno teorica) del lavoratore nello svolgere la sua attività;
  • il coordinamento con il datore di lavoro e l’organizzazione aziendale;
  • la durata del co.co.pro determinata o determinabile;
  • l’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione.

Retribuzione CO CO PRO: calcolo dello stipendio mensile

La retribuzione (contratto a progetto) è legata, in tutto o in parte, al raggiungimento degli obiettivi fissati nel programma di lavoro. A volte la retribuzione co.co.pro non è calcolata in base al numero di ore spese nel rapporto di collaborazione.

Il sistema normativo riconosce un ampio potere discrezionale al datore di lavoro nel stabilire la retribuzione co.co.pro. del lavoratore. In base alle valutazioni del committente, la retribuzione co.co.pro è esclusivamente legata al raggiungimento degli obiettivi prefissati.

L’Art. 62 della legge biagi stabilisce la forma del contratto e “il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonche' i tempi e le modalità di pagamento ela disciplina dei rimborsi spese”. 

Differenze con il Co.co.co. 

Il contratto di progetto (co.co.pro) è stato introdotto dalla Legge Biagi come alternativa al contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Tuttavia, i contratti co.co.co. non sono stati completamente eliminati e rimangono valide forme contrattuali di lavoro nelle seguenti circostanze:

  • per i dirigenti delle società;
  • per i membri di comitati e commissioni;
  • per coloro che ricevono pensioni di anzianità;
  • per servizi limitati a 30 giorni e con un compenso annuo massimo di 5 mila euro.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato la Legge Biagi al fine di ridefinire il settore dei contratti di lavoro individuale conosciuti come collaborazioni coordinate e continuative ("co.co.co."). Tale tipologia di contratto è stata a lungo uno metodo di gestione delle risorse umane ambiguo. Con i CO CO PRO nasceva tra il datore di lavoro ed il lavoratore, un tipo di rapporto a metà tra il contratto di lavoro autonomo e quello subordinato. Anche i co.co.pro rendono sempre più sporadico e importante il ricorso a contratti di lavoro subordinato. 

contratto a progetto e maternità: ecco come funziona

La maternità indica l’astensione obbligatoria, diritto a tutela delle lavoratrici in “dolce attesa” che consiste nell’astenersi dal lavoro per i seguenti periodi:

  • durante i 2 mesi precedenti la data presunta del parto,
  • nei 3 mesi successivi al parto.

E’ bene saper che anche le lavoratrici assenti o sospese dal lavoro senza retribuzione per:

  • aspettativa per fatti personali;
  • sciopero;
  • altri motivi.

I problemi della maternità nel contratto a progetto

Nel contesto del contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.pro.), i diritti delle lavoratrici in gravidanza sono regolati dal DM del 4 aprile 2002. Questa normativa stabilisce che le collaboratrici iscritte alla gestione separata dell'Inps hanno la facoltà di ricevere un'indennità per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla nascita del bambino.

Dal punto di vista assicurativo, le tutele per le lavoratrici dipendenti e quelle con contratto co.co.pro. sono equivalenti. Tuttavia, la differenza emerge nell'ambito retributivo, in quanto le lavoratrici con contratto co.co.pro. possono ricevere un'indennità non superiore all'80% del compenso totale ricevuto nei 365 giorni precedenti il periodo di maternità, a condizione che abbiano versato contributi per almeno tre mesi nell'anno precedente.

Nonostante il contratto co.co.pro. non venga sospeso durante la gravidanza, grazie a una proroga automatica del contratto per 180 giorni e al mantenimento del posto di lavoro, le lavoratrici con contratto a progetto possono incontrare diversi ostacoli nel conciliare la maternità con il lavoro.

Nei contratti a progetto, l'ampia disparità di potere contrattuale tra datore e lavoratore e la breve durata del contratto possono spingere la lavoratrice a rimanere al lavoro il più a lungo possibile. Inoltre, le madri lavoratrici a progetto non beneficiano di alcune tutele, come l'astensione facoltativa dal lavoro, i congedi parentali o i permessi per malattia del minore (clicca qui per aver più informazioni a riguardo).

Da questa analisi risulta evidente quanto possa essere difficile per le lavoratrici a progetto conciliare le responsabilità materne con le esigenze del lavoro. Spesso, la nascita di un figlio può portare alla conclusione o alla riduzione significativa del coinvolgimento lavorativo.

Maternità in caso di disoccupazione

Se la lavoratrice ha accesso alle indennità di disoccupazione, ai benefici della mobilità o alla cassa integrazione, sia ordinaria che straordinaria, ha il diritto di ricevere l'indennità di maternità, anche se il rapporto di lavoro è terminato da oltre 60 giorni, a condizione che stia percependo tali benefici all'inizio del periodo di astensione obbligatoria.

Nella situazione meno favorevole, se la lavoratrice non ha diritto all'indennità di disoccupazione (ad esempio, perché negli ultimi due anni non ha lavorato per un datore di lavoro soggetto a tale obbligo assicurativo), può comunque ricevere l'indennità di maternità se il contratto di lavoro è terminato non più di 180 giorni prima dell'inizio del periodo di astensione obbligatoria, e se nei due anni precedenti ha accumulato almeno 26 settimane di contributi per l'assicurazione obbligatoria per maternità.

Nel quadro del contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.pro.), i diritti delle lavoratrici in gravidanza sono regolati dal DM del 4 aprile 2002. Secondo questa norma, le collaboratrici iscritte alla gestione separata dell'Inps possono scegliere di ricevere un'indennità per i due mesi precedenti la data del parto e per i tre mesi successivi.

Dal punto di vista assicurativo, le tutele offerte alle lavoratrici dipendenti e a quelle con contratto co.co.pro. sono simili. Tuttavia, emerge una differenza in termini di retribuzione: le lavoratrici con contratto co.co.pro. hanno diritto a un indennizzo che non supera l'80% della retribuzione totale percepita nei 365 giorni precedenti il periodo di maternità, a patto che abbiano versato contributi per almeno tre mesi nell'anno precedente.

Nonostante il contratto co.co.pro. non sia sospeso durante la gravidanza, grazie a un'estensione automatica della durata del contratto per 180 giorni e alla garanzia di mantenimento del posto di lavoro, le lavoratrici con contratto a progetto possono affrontare diverse sfide nel bilanciare le esigenze della maternità e del lavoro.

Nei contratti a progetto, l'ampia disparità di potere contrattuale tra datore e lavoratore e la breve durata del contratto possono spingere la lavoratrice a rimanere al lavoro il più a lungo possibile. Inoltre, le madri lavoratrici a progetto non beneficiano di alcune tutele, come l'astensione facoltativa dal lavoro, i congedi parentali o i permessi per malattia del minore (clicca qui per ulteriori informazioni sui permessi retribuiti).

Da questa analisi risulta evidente quanto possa essere difficile per le lavoratrici a progetto conciliare le responsabilità materne con le esigenze del lavoro. Spesso, la nascita di un figlio può portare alla conclusione o alla riduzione significativa del coinvolgimento lavorativo.

Contratto a progetto: malattia e infortunio

Nei contratti a progetto, in caso di malattia o infortunio la temporanea sospensione del rapporto di lavoro non implica la proroga del contratto, il co.co.pro. comunque termina alla scadenza stabilita. Inoltre, il datore di lavoro può recedere dal contratto a progetto qualora la durata della malattia e/o dell’infortunio si protragga per oltre 30 giorni o abbia una durata superiore ad un sesto della durata complessiva del contratto a progetto.

In caso di malattia o infortunio il rapporto contrattuale (co.co.pro.) rimane sospeso temporaneamente, senza erogazione del corrispettivo ,ma non può essere estinto.

E' d'obbligo essere in possesso di regolare certificazione scritta e presentarla come prova dell'assenza.

La Legge Biagi include la dizione: "...senza erogazione del corrispettivo" che non significa obbligatoriamente che il compenso globale concordato per il progetto del contratto non sia poi corrisposto per intero. Potrebbero sussistere casi in cui la temporanea sospensione del contratto non comprometta il risultato dal progetto.

Il collaboratore che sospende (soprattutto se per un lasso di tempo breve) il proprio rapporto di lavoro a progetto per malattia o infortunio potrebbe essere comunque in grado di realizzare il programma per il quale è stato assunto. In questa situazione non sembrerebbe corretto eseguire alcuna detrazione dal rimborso totale pattuito.

Il committente può , invece, recedere il contratto nel caso in cui l'assenza per infortunio o malattia si potrae per un periodo equivalente :

- Ad un sesto della durata del contratto, se determinata;

- A 30 giorni , se determinabile;

Incidenza negativa sul progetto

Se al contrario, l'assenza per malattia o infortunio, incide negativamente nella realizzazione del progetto il rimborso stabilito può essere riconosciuto parzialmente. Per determinare il corrispettivo parziale da riconoscere al lavoratore con contratto a progetto che si è assentato per malattia o infortunio può convenzionalmente essere considerata la quota giornaliera del corrispettivo stabilito per l'intero progetto (totale del rimborso rapportato al numero dei giorni del rapporto di lavoro).
Un compenso è comunque riconosciuto al collaboratore poiché il datore di lavoro potrebbe trarre utilità dall'attività comunque svolta dal lavoratore.

Nel contratto a progetto la malattia è totalmente a carico del collaboratore, dal momento che la legge non prevede alcun tipo di integrazione del reddito perso, ne pubblica ne da parte del datore di lavoro. Solo in caso di una degenza ospedaliera è prevista un'indennità di malattia per il periodo del ricovero riservata a chi versa il contributo addizionale dello 0,5 (L 488/99).

Orari di controllo per le visite fiscali aggiornati

Tutti i lavoratori sanno bene che, ogni qualvolta ci si assenta dal luogo di lavoro per ragioni aventi a che fare con il proprio stato di salute, ci si deve necessariamente sottoporre alle visite mediche fiscali.
Il meccanismo è molto semplice: il datore di lavoro informa l'Inps circa la mancanza di un suo dipendente, facendo luce anche in merito alle ragioni per le quali è stata chiesta la malattia ed il numero di giorni in vista del quale si protrarrà l'assenza dell'interessato.

Durante i giorni coperti dalla malattia, l'Inps invia un suo medico incaricato presso il domicilio del dipendente che, a sua volta, ha l'obbligo di farsi trovare in casa in alcune fasce orarie stabilite dalla legge. Gli orari di controllo per la visita medica Inps aggiornati sono i seguenti: per quanto riguarda i dipendenti pubblici l'obbligo di reperibilità si ritiene valido 7 giorni su 7 (inclusi festivi e prefestivi) dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00; per quanto riguarda i dipendenti privati, invece, l'obbligo di reperibilità continua a protrarsi 7 giorni su 7 sebbene gli orari subiscano delle lievi modifiche: si va dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00.

Coloro i quali non si attengono a quanto previsto dalla norma rischiano sanzioni e/o provvedimenti disciplinari regolati dalla legge stessa.

Quando non è previsto il controllo

Tuttavia ci sono particolari fasce di dipendenti pubblici che non rispondono all'obbligo di reperibilità. Ecco i casi per i quali è prevista la possibilità di non sottoporsi alle visite mediche: per assenze aventi a che fare con gravidanze a rischio, per patologie talmente gravi da richiedere l'intervento di terapie salvavita, per infortuni sul lavoro Inail, per malattie professionali Inail o per stati patologici correlati ad invalidità.

Peraltro, il dipendente che ha la necessità di doversi allontanare dal proprio domicilio durante gli orari di controllo, ha l'obbligo di darne preventiva comunicazione all'amministrazione interessata.

Quali sono le differenze tra il contratto cococo e Co.co.pro.?

Il contratto cococo ha le seguenti caratteristiche:

  • autonomia nei tempi e nelle modalità di esecuzione della commessa;
  • coordinamento con il committente;
  • continuità temporale del rapporto di lavoro con il committente (se manca questo requisito si parla di “lavoro autonomo occasionale”);
  • una retribuzione corrisposta in forma periodica e prestabilita.

Se desideri approfondire il mondo dei contratti lavorativi, puoi scoprire ulteriori informazioni riguardo al contratto per cooperative sociali.

I collaboratori continuativi

Il Contratto a progetto (Co.Pro.), o contratto di collaborazione contributivo per programma, o progetto o fase di esso (Co.Co.Pro.), è un tipo di contratto di lavoro disciplinato dal D. Lgs. n. 276/2003.

Per certi aspetti il Co.Pro. “corregge” parte della deregulation del contratto cococo prevedendo maggiori tutele del lavoratore, sebbene la prassi sia diversa. È importante sottolineare che la normativa del Contratto a Progetto non riguarda i rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione. 

Inps: previdenza o provvidenza?

Sebbene il contratto cococo non esista più – salvo che nell’Amministrazione Pubblica e con i dovuti “distinguo” -, esistono pur sempre i contributi versati fino all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 276/2003 presso la gestione separata dell’INPS (attualmente non cumulabile con eventuali altri contributi pagati ad altri fondi INPS). Come sono, dunque, trattati i contributi del contratto cococo?

Regime fiscale 

Ai fini fiscali i redditi percepiti dal contratto cococo sono stati considerati: - redditi da lavoro autonomo fino al 31 dicembre 2000; - redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente dal 1° gennaio 2001. 

Qualificazione del patto

Il contratto di programma (ex contratto cococo) si inserisce fra gli strumenti pensati per risollevare le economie delle zone industriali italiane più disagiate. Queste interventi sono molti e gran parte di loro passa per enti quali il Ministero dello Sviluppo Economico e Comitati nazionali che sono chiamati a giudicare, oltre la fattibilità, anche i benefici dell'iniziativa nel lungo periodo.

Lo Stato come co-finanziatore

contratto cococo

Il contratto di programma è uno strumento della Programmazione Negoziata delle aree depresse. Per “programmazione negoziata” si intende, infatti, una regolamentazione concordata fra soggetti pubblici e privati relativa ad un progetto con finalità precise e delimitato nel tempo.

Nel caso dell'accordo in questione, la regolamentazione riguarda il ri-sollevamento di un'area di criticità (di norma, un fine esplicito è quello dell'aumento occupazionale). Sono progetti assolutamente legati alla territorialità ed è quindi comune la presenza istituzionale – ed economica – delle Regioni.

Chi può richiedere il contratto a programma?

Possono fare domanda di ex contratto cococo:

  • Grandi imprese o gruppi (nazionali o internazionali) in grado di modificare realmente la situazione economica del tessuto italiano
  • Consorzi di piccole e medie imprese che, anche se di settori diversi, uniscano gli sforzi in un progetto unitario
  • Rappresentanze diverse (pubbliche e private) che mirino, attraverso iniziative anche eterogenee, ad investire su attività di ricerca sul territorio

Il richiedente del contratto cococo deve quindi redigere una domanda contenente i seguenti elementi:

  • Il progetto e il relativo piano di business
  • L'investimento del richiedente e quello richiesto dalle altre parti
  • La durata del progetto
  • Le ricadute concrete dello stesso
  • Le infrastrutture utilizzate durante il progetto
  • Le modalità di erogazione degli aiuti statali

L'ammontare di tale investimento non può essere inferiore ai 40 milioni di euro e questi contributi possono essere elargiti o come contributi in conto impianti (per l'acquisto di infrastrutture) o come contributi in conto interessi (per agevolare il richiedente nel pagamento dei mutui e simili)oppure come una combinazione dei due.

A chi inviare la domanda?

La domanda, completa di tutti gli elementi precedentemente indicati, dev'essere rivolta al CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica). Per maggiori informazioni è disponibile anche il sito web del Ministero per lo Sviluppo Economico.

Se sei interessato a conoscere tutti i dettagli sulle varie modalità contrattuali utilizzate nel contesto lavorativo italiano, ti invito a leggere questo approfondimento sui differenti livelli di contratto per i chimici.

Autore: Laura Perconti

Immagine di Laura Perconti

Laureata in lingue nella società dell’informazione presso l'Università di Roma Tor Vergata, Laura Perconti segue successivamente un Corso in Gestione di Impresa presso l'Università Mercatorum e un Master di I livello in economia e gestione della comunicazione e dei nuovi media presso l'Università di Roma Tor Vergata.

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