Contratto cococo: ancora conviene? Vediamolo insieme
Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa (cococo) esiste ancora oppure no?
Quali sono le differenze tra cococo e Co.co.pro.?
Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co) ha le seguenti caratteristiche:
- autonomia nei tempi e nelle modalità di esecuzione della commessa;
- coordinamento con il committente;
- continuità temporale del rapporto di lavoro con il committente (se manca questo requisito si parla di “lavoro autonomo occasionale”);
- una retribuzione corrisposta in forma periodica e prestabilita.
I collaboratori continuativi
Il Contratto a progetto (Co.Pro.), o contratto di collaborazione contributivo per programma, o progetto o fase di esso (Co.Co.Pro.), è un tipo di contratto di lavoro disciplinato dal D. Lgs. n. 276/2003.
Il co.pro. si caratterizza per i seguenti requisiti
- l’esistenza di un progetto o programma o fasi di esso;
- l’autonomia del collaboratore in funzione del risultato;
- il coordinamento con il committente;
- la durata che deve essere determinata o determinabile;
- l’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione;
- l’assenza di un vincolo di subordinazione;
- la facoltà di trattativa sulla retribuzione.
Per certi aspetti il Co.Pro. “corregge” parte della deregulation del Co.Co.Co. prevedendo maggiori tutele del lavoratore, sebbene la prassi sia diversa.
È importante sottolineare che la normativa del Contratto a Progetto non riguarda i rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione.
Contratti Co.co.co e Inps: previdenza o provvidenza?
Sebbene i contratti di collaborazione coordinata e continuativa (Co.Co.Co) non esistono più – salvo che nell’Amministrazione Pubblica e con i dovuti “distinguo” -, esistono pur sempre i contributi versati fino all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 276/2003 presso la gestione separata dell’INPS (attualmente non cumulabile con eventuali altri contributi pagati ad altri fondi INPS). Come sono, dunque, trattati i contributi co.co.co.?
Regime fiscale dei cococo
Ai fini fiscali i redditi percepiti dai co-co-co sono stati considerati: - redditi da lavoro autonomo fino al 31 dicembre 2000; - redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente dal 1° gennaio 2001.
Qualificazione del contratto
Il contratto di programma si inserisce fra gli strumenti pensati per risollevare le economie delle zone industriali italiane più disagiate. Queste interventi sono molti e gran parte di loro passa per enti quali il Ministero dello Sviluppo Economico e Comitati nazionali che sono chiamati a giudicare, oltre la fattibilità, anche i benefici dell'iniziativa nel lungo periodo.
Lo Stato come co-finanziatore
Il contratto di programma è uno strumento della Programmazione Negoziata delle aree depresse. Per “programmazione negoziata” si intende, infatti, una regolamentazione concordata fra soggetti pubblici e privati relativa ad un progetto con finalità precise e delimitato nel tempo.
Nel caso dell'accordo in questione, la regolamentazione riguarda il risollevamento di un'area di criticità (di norma, un fine esplicito è quello dell'aumento occupazionale). Sono progetti assolutamente legati alla territorialità ed è quindi comune la presenza istituzionale – ed economica – delle Regioni.
Chi può richiedere il contratto a programma?
Possono fare domanda:
• Grandi imprese o gruppi (nazionali o internazionali) in grado di modificare realmente la situazione economica del tessuto italiano
• Consorzi di piccole e medie imprese che, anche se di settori diversi, uniscano gli sforzi in un progetto unitario
• Rappresentanze diverse (pubbliche e private) che mirino, attraverso iniziative anche eterogenee, ad investire su attività di ricerca sul territorio
Il richiedente deve quindi redigere una domanda contenente i seguenti elementi:
• Il progetto e il relativo piano di business
• L'investimento del richiedente e quello richiesto dalle altre parti
• La durata del progetto
• Le ricadute concrete dello stesso
• Le infrastrutture utilizzate durante il progetto
• Le modalità di erogazione degli aiuti statali
L'ammontare di tale investimento non può essere inferiore ai 40 milioni di euro e questi contributi possono essere elargiti o come contributi in conto impianti (per l'acquisto di infrastrutture) o come contributi in conto interessi (per agevolare il richiedente nel pagamento dei mutui e simili)oppure come una combinazione dei due.
A chi inviare la domanda?
La domanda, completa di tutti gli elementi precedentemente indicati, dev'essere rivolta al CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica). Per maggiori informazioni è disponibile anche il sito web del Ministero per lo Sviluppo Economico.