Quando un’azienda colloca uno o più lavoratori in una procedura di licenziamento collettivo, il lavoratore ha diritto al godimento di una serie di benefici per bilanciare la perdita del posto di lavoro. I lavoratori sono inseriti nelle cosiddette “liste di mobilità” che prevedono una serie di strumenti utili al reinserimento nel mondo del lavoro oltre a godere di una indennità di mobilità per sostenere il periodo di disoccupazione.
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- Chi riceve l'indennità
- Cosa cambia con l'Aspi
- Novità apportate nel quadro normativo dal PNRR 2022 per i dipendenti pubblici
- Ruolo degli enti locali e delle agenzie per il lavoro
- Integrazione con le politiche attive del lavoro
- Confronto con altre forme di sostegno ai lavoratori
- FAQ
Si parla di mobilità – non solo per le procedure di licenziamento collettivo – ma in generale per tutte quelle situazioni in cui si determina per il lavoratore il caso di un licenziamento per motivi economici dell’ente o dell’azienda presso cui si lavora. Al lavoratore in mobilità deve essere garantita la possibilità di reinserimento nel mondo del lavoro anche con la proposta di attività formative, oltre – come già detto - all’indennità che dal 2013 è stata progressivamente sostituita dall’ASPI.
Quali aziende possono chiedere questa tutela:
- Aziende con più di 15 dipendenti già in cassa integrazione Guadagni Straordinaria
- Aziende con più di 15 dipendenti (inclusi apprendisti) che decidono di ricorrere al licenziamento collettivo
- Aziende con più di 15 dipendenti che cessano l'attività
Da notare che per “licenziamento collettivo” si intende il licenziamento di più di cinque lavoratori in un periodo di 120 giorni.
Per iniziare la procedura, le imprese devono innanzitutto darne comunicazione alle organizzazioni sindacali e alla Direzione Regionale del Lavoro. Si apre quindi un tavolo per ideare eventuali strategie che possano evitare la soluzione della mobilità.
Se queste, infine, non vengono trovate l'impresa può intraprendere i licenziamenti collettivi ma deve trasmettere l'elenco dei lavoratore alla Direzione Regionale, alle Commissioni Provinciali Tripartite, alle Associazioni di Categoria.
È possibile, in alternativa, che siano gli stessi lavoratori ad intraprendere la procedura non il datore di lavoro, ma è opportuno ricordare che per guadagnare l'indennità occorrono determinati requisiti e che quindi il mero inoltro della domanda non implica assolutamente il ricevimento dell'indennità, anche se la richiesta parte dai dipendenti.
Chi riceve l'indennità
• Lavoratori iscritti nelle liste di mobilità
• Lavoratori con anzianità pari ad almeno 12 mesi
• Lavoratori con almeno 6 mesi di lavoro effettivo
• Lavoratori assunti a tempo indeterminato da:
1. Imprese industriali con più di 15 dipendenti
2. Imprese commerciali con più di 200 dipendenti
3. Cooperative con più di 15 dipendenti
4. Imprese artigiane se l'azienda committente ha fatto ricorso allo stesso istituto di tutela
5. Aziende in regime transitorio (Aziende commerciali, di viaggio e turismo, di vigilanza)
A quanto ammonta l'indennità
All'indennità contribuisce sia l'azienda sia lo Stato (tramite l'Inps). È giusto sottolineare come i contributi continuino, comunque, ad essere versati duranti i mesi nei quali è attiva questa tutela.
Il pagamento vale il 100% della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria per i primi 12 mesi, mentre l'80% sino al 36esimo o sino al 48esimo per le aziende del Mezzogiorno, che godono di regimi particolari.
Infatti, la durata stessa della cassa è diversa:
• Lavoratore sino a 39 anni: 12 mesi per aziende del centro-nord, 24 per il Mezzogiorno
• Lavoratore sino a 49 anni: 24 mesi nel primo caso, 36 nel secondo
• Lavoratore oltre 50 anni: 36 mesi nel primo caso, 48 nel secondo
Un caso interessante è la mobilità anticipata, ovvero la possibilità di poter ricevere l'intera somma dell'indennità in un'unica soluzione. Quest'opzione è disponibile solo per il lavoratori che hanno intenzione di aprire una propria attività oppure entrare in una cooperativa o impresa.
I moduli della domanda
La domanda dev'essere presentata on line presso il sito dell'Inps, dove sono disponibili i moduli relativi. La domanda d'indennità, inoltre, dev'essere presentata all'INPS entro il 68esimo giorno di licenziamento e poi essere inoltrata via web, contattato il Call Center dell'Inps (803164) o recandosi presso i Patronati.
Cosa cambia con l'Aspi
L'Aspi, come si è accennato, mira a livellare i diversi regimi. Per tutti i lavoratori, la mobilità sarà versata per 12 mesi o 18 se over 55. Gli importi saranno ridotti: per il primo mese saranno i 1.119€, ma poi si ridurranno secondo pattern stabiliti di anni in anno dal Ministero del Lavoro.
Ma l'Aspi è stata pensata per modificare anche la disoccupazione: l'assegno verrà versato per tutti per 12 mesi (oggi è possibile riceverlo per 8 o 12 mesi, a seconda di vari parametri) e, nelle promesse, l'importo dovrebbe essere superiore.
Ancora da stabilire, tuttavia, il bacino di utenza preciso di questa forma di tutela.
Novità apportate nel quadro normativo dal PNRR 2022 per i dipendenti pubblici
Dal 1° maggio 2022 è in vigore il Decreto Legge n. 36 del 30 aprile 2022 contenente misure urgenti per l’attuazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che include anche modifiche sulla normativa sulla mobilità orizzontale nel pubblico impiego. Il decreto modifica, inoltre, il codice etico dei dipendenti pubblici, le modalità di reclutamento, la parità di genere, il conferimento degli incarichi.
Relativamente alla specifica della mobilità orizzontale, il decreto prevede che il personale non dirigenziale possa essere comandato o distaccato esclusivamente entro il limite del 25% dei posti non coperti. La disposizione non si applica ai comandi o distacchi obbligatori come quelli relativi alla partecipazione a organi o istituti di personale amministrativo presso sedi territoriali, ministeri, unioni di comuni.
Per i distaccamenti presso enti dell’Unione Europea in qualità di esperti nazionali, il decreto prevede un’indennità forfettaria, omnicomprensiva – che non contribuisce al calcolo pensionistico – da utilizzare per sostenere le spese di soggiorno. Il corrispettivo dell’indennità non potrà essere superiore a quanto l’Unione Europea corrisponde già per le medesime cariche e posizioni.
Transizione dall'ASPI alla NASpI: un nuovo modello di sostegno al reddito
L'ASPI, introdotta con la legge n. 92 del 28 giugno 2012 (la cosiddetta "Riforma Fornero"), rappresentava il principale strumento di sostegno economico per i lavoratori disoccupati, inclusi coloro che venivano licenziati collettivamente o per motivi economici. L’obiettivo era quello di uniformare i trattamenti di disoccupazione e mobilità, con un approccio più inclusivo rispetto ai precedenti ammortizzatori sociali. Tuttavia, l’ASPI ha mostrato alcune criticità, come l’eccessiva complessità nella gestione e una durata limitata che non sempre si adattava ai tempi di reinserimento nel mercato del lavoro.
Per far fronte a queste problematiche, con il decreto legislativo n. 22 del 4 marzo 2015, nell'ambito della riforma del mercato del lavoro del governo Renzi, si è passati alla NASpI. La NASpI ha sostituito non solo l'ASPI, ma anche la Mini-ASPI, semplificando il sistema di tutela per i lavoratori. Il nuovo modello è stato pensato per garantire un sostegno economico più flessibile e duraturo per i lavoratori disoccupati involontariamente, inclusi coloro che rientrano nei processi di mobilità. Questo strumento ha portato a una serie di cambiamenti che hanno avuto un impatto diretto sui benefici per i lavoratori in mobilità:
1. Durata e calcolo della NASpI
Rispetto all'ASPI, la NASpI ha introdotto un sistema di durata più flessibile e proporzionale all’anzianità contributiva del lavoratore. La durata massima della NASpI è di 24 mesi, se il lavoratore ha accumulato almeno 48 mesi di contribuzione negli ultimi quattro anni, mentre per i lavoratori over 50 la durata è stata estesa ulteriormente. Questo rappresenta un miglioramento rispetto al regime ASPI, soprattutto per i lavoratori in mobilità che spesso necessitano di tempi prolungati per il reinserimento nel mercato del lavoro, specialmente in contesti economici difficili o in aree geografiche con alti tassi di disoccupazione.
2. Importo dell'indennità
Un altro aspetto rilevante è l'importo dell'indennità. La NASpI è calcolata sulla base della retribuzione media mensile del lavoratore negli ultimi quattro anni di lavoro, con un tetto massimo che viene rivisto annualmente. Nei primi tre mesi, l’indennità è pari al 75% della retribuzione media, riducendosi poi progressivamente del 3% ogni mese successivo. Rispetto all'ASPI, che applicava percentuali simili ma con una minore flessibilità nella progressione, la NASpI si dimostra un sistema più graduale, particolarmente utile per i lavoratori in mobilità che affrontano periodi di disoccupazione di media-lunga durata.
3. Requisiti di accesso
Per poter accedere alla NASpI, il lavoratore deve aver versato almeno 13 settimane di contributi negli ultimi 4 anni e deve aver svolto almeno 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti l'inizio dello stato di disoccupazione. Questi requisiti rappresentano un cambiamento rispetto all’ASPI, che prevedeva criteri leggermente più rigidi, rendendo così la NASpI più accessibile a una platea più ampia di lavoratori, inclusi quelli in mobilità.
4. Mobilità anticipata e NASpI
La NASpI ha introdotto la possibilità di richiedere l’anticipo dell’indennità in un’unica soluzione, una misura particolarmente utile per i lavoratori che intendono avviare un’attività imprenditoriale o professionale autonoma. Questo strumento, noto come "mobilità anticipata", consente al lavoratore di ricevere tutto l’importo che gli spetterebbe per il periodo rimanente di NASpI in una soluzione unica, favorendo l’autoimprenditorialità e la creazione di nuove imprese. Questa opzione era già prevista con l'ASPI, ma la NASpI ne ha semplificato l’accesso e reso più flessibili le modalità di richiesta.
Ruolo degli enti locali e delle agenzie per il lavoro
Gli enti locali e le agenzie per il lavoro giocano un ruolo cruciale nel supportare i lavoratori in mobilità, contribuendo non solo alla gestione amministrativa delle indennità, ma anche al reinserimento professionale attraverso politiche attive di formazione e orientamento. Le istituzioni locali, come le Commissioni Provinciali Tripartite, le Regioni e i Centri per l'Impiego, agiscono in sinergia con lo Stato per facilitare il passaggio dalla condizione di disoccupazione a una nuova occupazione, sfruttando diversi strumenti di sostegno.
1. Le Commissioni Provinciali Tripartite
Queste commissioni sono composte da rappresentanti del governo locale, dei sindacati e delle organizzazioni datoriali. Il loro compito principale è quello di monitorare e coordinare le politiche del lavoro a livello provinciale, inclusi i piani per la mobilità dei lavoratori. Le commissioni hanno un ruolo fondamentale nel valutare le liste di mobilità e nell'assicurarsi che i lavoratori abbiano accesso alle opportunità di formazione e riqualificazione. Inoltre, collaborano con le aziende per trovare soluzioni alternative ai licenziamenti, come la ricollocazione del personale in altre imprese o l'attivazione di percorsi formativi.
2. Centri per l'Impiego e Agenzie per il Lavoro
I Centri per l’Impiego (CPI) e le Agenzie per il Lavoro sono i principali attori nell'assistenza ai lavoratori in mobilità. Questi enti offrono un ampio ventaglio di servizi, che vanno dall'orientamento professionale alla gestione delle richieste di indennità. Per i lavoratori in mobilità, i CPI diventano il punto di riferimento per accedere a programmi di formazione e riqualificazione professionale, utili per migliorare le loro competenze e aumentarne l'occupabilità. Le Agenzie per il Lavoro, invece, sono spesso coinvolte nella fase di matching, ovvero nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, attraverso l'intermediazione tra lavoratori e aziende.
3. Formazione e reinserimento lavorativo
Una delle principali missioni degli enti locali e delle agenzie è quella di facilitare il reinserimento professionale dei lavoratori in mobilità, offrendo loro opportunità di aggiornamento e riqualificazione. I corsi di formazione finanziati, che spesso vengono erogati tramite i fondi interprofessionali o i fondi sociali europei, rappresentano uno strumento fondamentale per permettere ai lavoratori di acquisire nuove competenze richieste dal mercato del lavoro.
Ad esempio, se un'azienda decide di chiudere o ridurre il personale, i lavoratori possono essere iscritti a corsi di formazione che li preparano per nuovi settori lavorativi, in linea con le richieste emergenti del territorio. Queste attività si inseriscono nel quadro delle politiche attive del lavoro, che hanno l'obiettivo di ridurre la disoccupazione attraverso interventi proattivi piuttosto che passivi.
Integrazione con le politiche attive del lavoro
Le politiche attive del lavoro sono strumenti che mirano a incentivare il reinserimento professionale e a prevenire la disoccupazione di lunga durata. Questi interventi si integrano con le misure di mobilità attraverso un’offerta mirata di formazione, incentivi all’assunzione e percorsi di riqualificazione professionale. Le politiche attive sono gestite principalmente dalle Regioni, che operano in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, i Centri per l'Impiego e le Agenzie per il Lavoro.
1. Corsi di riqualificazione professionale
Un aspetto chiave delle politiche attive è la possibilità per i lavoratori in mobilità di partecipare a corsi di riqualificazione. Questi corsi sono progettati per migliorare le competenze dei lavoratori, adattandole ai settori in crescita o alle nuove richieste del mercato. Ad esempio, corsi di informatica, gestione aziendale, e-commerce, digital marketing o lingue straniere sono frequentemente proposti per permettere ai lavoratori di riposizionarsi sul mercato.
L'obiettivo principale è quello di evitare che la disoccupazione diventi prolungata, fornendo ai lavoratori gli strumenti necessari per reinserirsi velocemente in un nuovo contesto lavorativo.
2. Agevolazioni per le aziende
Le politiche attive includono anche incentivi alle imprese che assumono lavoratori in mobilità. Questi incentivi possono manifestarsi sotto forma di sgravi fiscali o contributivi, riducendo il costo del lavoro per le aziende che scelgono di integrare nel proprio organico persone che stanno beneficiando di ammortizzatori sociali. Ad esempio, per i lavoratori over 50 o per i giovani sotto i 30 anni, sono previste agevolazioni più consistenti, volte a favorire l’assunzione di categorie considerate a rischio di esclusione dal mercato del lavoro.
3. Contratti di ricollocazione
Tra le misure più recenti introdotte per agevolare il reinserimento lavorativo dei lavoratori in mobilità, c'è il contratto di ricollocazione. Questo strumento prevede che un lavoratore, tramite un ente accreditato (come i Centri per l’Impiego o le Agenzie per il Lavoro), firmi un contratto per ricevere un pacchetto di servizi personalizzati volti alla ricollocazione professionale. Questi servizi includono consulenza, orientamento, formazione e, in alcuni casi, accompagnamento nell'inserimento in un nuovo posto di lavoro.
Confronto con altre forme di sostegno ai lavoratori
Un confronto tra la mobilità e altre forme di sostegno, come la cassa integrazione e il sostegno alla disoccupazione, può fornire una maggiore comprensione delle differenze e delle situazioni in cui ciascuno di questi strumenti viene applicato.
1. Cassa Integrazione
La cassa integrazione guadagni (CIG) è uno strumento che mira a garantire un reddito ai lavoratori dipendenti in situazioni di sospensione temporanea o riduzione dell'attività lavorativa, dovuta a crisi aziendali o a eventi eccezionali. A differenza della mobilità, la cassa integrazione è un sostegno economico temporaneo che punta a conservare il posto di lavoro durante il periodo di crisi. L’obiettivo è quello di evitare il licenziamento, garantendo al contempo un reddito parziale ai lavoratori.
Nel caso della mobilità, invece, il licenziamento è già avvenuto e l’indennità viene erogata per sostenere il lavoratore durante il periodo di disoccupazione. La mobilità si applica in particolare a situazioni di licenziamento collettivo, mentre la cassa integrazione si attiva in casi di riduzione temporanea della produzione.
2. Sostegno alla disoccupazione (NASpI)
La NASpI è una forma di sostegno che, come la mobilità, si attiva quando il lavoratore perde involontariamente il proprio impiego. Tuttavia, mentre l’indennità di mobilità era destinata in passato a specifiche categorie di lavoratori (dipendenti da aziende in crisi o licenziati collettivamente), la NASpI ha una platea di beneficiari più ampia. La differenza principale risiede nel fatto che la mobilità prevedeva strumenti aggiuntivi di reinserimento come la formazione e l’assistenza attiva, mentre la NASpI è esclusivamente un'indennità economica, sebbene possano essere previsti percorsi di formazione opzionali.
3. Mobilità vs disoccupazione
In sintesi, la mobilità si distingue per la sua finalità di favorire il reinserimento attivo dei lavoratori nel mercato del lavoro, con strumenti mirati di formazione e riqualificazione, mentre il sostegno alla disoccupazione è più passivo, fornendo principalmente un'indennità economica in attesa che il lavoratore trovi una nuova occupazione.
FAQ
Cosa significa lavorare in mobilità?
Lavorare in mobilità si riferisce a un modo di lavorare che non è vincolato a un luogo fisso. Questo può includere lavorare da casa, da un coworking space, da un caffè, o da qualsiasi altro luogo con una connessione internet affidabile. In sostanza, lavorare in mobilità significa avere la flessibilità di lavorare da qualsiasi luogo, purché si riesca a rimanere produttivi e a mantenere una comunicazione efficace con il team o i clienti.
Con l'avvento delle tecnologie digitali, come le piattaforme di videoconferenza, le applicazioni di messaggistica istantanea e le soluzioni di cloud computing, lavorare in mobilità è diventato sempre più comune. Offre numerosi vantaggi sia ai lavoratori che alle organizzazioni, tra cui una maggiore flessibilità, l'accesso a un pool di talenti più ampio e una potenziale riduzione dei costi operativi.
Quali sono i vantaggi di lavorare in mobilità?
Lavorare in mobilità offre una serie di vantaggi sia per i lavoratori che per le organizzazioni. Per i lavoratori, la flessibilità di poter lavorare da qualsiasi luogo può migliorare l'equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, riducendo il tempo e il costo del pendolarismo e permettendo una maggiore autonomia nel gestire il proprio tempo.
Per le organizzazioni, il lavoro in mobilità può portare a una riduzione dei costi, poiché potrebbe non essere necessario mantenere un ufficio fisico di grandi dimensioni. Inoltre, permette di accedere a un pool di talenti più ampio, poiché non sono limitati alla contrattazione di lavoratori che vivono in una specifica area geografica.
Tuttavia, è importante notare che il lavoro in mobilità richiede una gestione efficace e strumenti adeguati per assicurare che i lavoratori siano produttivi e che la comunicazione tra il team rimanga forte.
Quali strumenti sono necessari per lavorare in mobilità?
Per lavorare in mobilità in modo efficace, avrai bisogno di una serie di strumenti tecnologici. Questi includono:
- Dispositivi mobili: Laptop, smartphone o tablet con accesso a Internet sono essenziali per lavorare in mobilità. Assicurati che i tuoi dispositivi siano sempre aggiornati e protetti da software antivirus.
- Connessione internet stabile: Un'affidabile connessione a banda larga o dati mobili è fondamentale per l'accesso ai file, la partecipazione a riunioni virtuali e la comunicazione con il team.
- Software di collaborazione: Strumenti come Google Suite, Microsoft Teams o Slack permettono di collaborare in tempo reale con i membri del team, condividere file e gestire progetti.
- Piattaforme di videoconferenza: Applicazioni come Zoom, Google Meet o Microsoft Teams permettono di tenere riunioni virtuali, webinar e presentazioni.
- Servizi di cloud storage: Piattaforme come Google Drive, Dropbox o OneDrive permettono di archiviare e condividere file in modo sicuro e accessibile.
- Strumenti di gestione del tempo e dei progetti: Applicazioni come Asana, Trello o Monday aiutano a organizzare e tracciare i progressi dei progetti.
Quali sono le sfide del lavoro in mobilità e come possono essere affrontate?
Sebbene lavorare in mobilità offra numerosi vantaggi, presenta anche alcune sfide. Queste possono includere la mancanza di interazione faccia a faccia, la difficoltà nel separare la vita lavorativa dalla vita privata, potenziali distrazioni, e questioni relative alla sicurezza dei dati.
Per affrontare queste sfide, è importante implementare alcune strategie. Per esempio, per sostituire l'interazione faccia a faccia, si possono programmare regolari videochiamate o riunioni virtuali con il team. Per mantenere una chiara divisione tra vita lavorativa e vita privata, è importante stabilire orari di lavoro fissi e creare un ambiente di lavoro dedicato.
Le potenziali distrazioni possono essere gestite mantenendo una routine di lavoro strutturata e utilizzando tecniche di gestione del tempo come la tecnica Pomodoro. Infine, la sicurezza dei dati può essere garantita utilizzando connessioni internet sicure, mantenendo i dispositivi e le applicazioni aggiornati, e seguendo le politiche e le procedure di sicurezza dell'azienda.
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